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Confessione di un ghostwriter. Chi sono, che faccio e perché.

Lo confesso, sono un ghostwriter [letteralmente: scrittore fantasma]. Strano lavoro, lo so, ma è un lavoro che mi piace, per diverse ragioni. Non scrivo brochure, non scrivo per siti internet, non scrivo slogan (non più). Scrivo libri.

ghost writer

Ma perché ghostwriter, scrittore fantasma? Perché scrivo libri che in copertina recano il nome di qualcun altro. Il mio non c’è: nulla, niente, puf, sparito. Come scrittore sono invisibile, etereo, ectoplasmatico. Da qui la definizione di ghostwriter. Uno dice: ma perché una persona sensata dovrebbe scrivere libri senza firmarli, anzi facendoli firmare ad altri, che ne risultano oltretutto gli unici autori?

Ci sono diverse ragioni. La prima è che mi pagano. Non lo farei mai se non ci fosse una contropartita economica. La seconda è che io sono uno scrittore. Bravo? Pessimo? Lo lascio dire agli altri. Ma sono uno scrittore. Ci ho messo tanti anni a capirlo, accettarlo, farmene una ragione.

Quando scrivo sto bene, quando non lo faccio alla lunga mi sento fuori asse. Ora, se qualcuno mi paga per sentirmi a posto con me stesso, io posso solo ringraziare sentitamente, non vi pare? Perché altrimenti, se fossi solo uno scrittore (non ghost), parliamoci chiaro, faticherei a pagarmi le bollette. E io non voglio fare altri lavori e poi scrivere nel tempo libero. Ci voglio campare, di parole scritte.

Negli ultimi anni ho scritto e pubblicato libri di tutti i generi, generalmente saggi o manuali, ma anche narrativa. Ho scritto di vendita, crescita personale, tecnologia, business, gestione finanziaria di piccole e medie imprese, leadership, autobiografie, alpinismo estremo, storie d’amore e di avventura, con una media di quattro libri l’anno.

Ho scritto per piccoli editori, professionisti e imprenditori, e per il più grande gruppo editoriale italiano a più riprese. Ho scritto tanto e ogni volta è stato un viaggio interessante.

Ma che cosa fa di preciso un ghostwriter?

Be’, io conosco il mio modus operandi. Di solito divido il mio lavoro in tre fasi: pre-produzione, produzione, post-produzione (come un film).

Pre-produzione

ghost writer

La pre-produzione consiste nella raccolta di ogni genere di informazione su cui possa mettere le mani in merito al tema di cui andrò a scrivere per conto del cliente. Non sono Leonardo Da Vinci, non so tutto di tutto. Se sono chiamato a scrivere un libro su (mettiamo) un innovativo approccio pedagogico, il mio primo dovere è comprenderlo dalla A alla Z, perché poi dovrò trovare le parole giuste per illustrarlo ai lettori. Quindi studio.

Come fare? Di solito intervisto il mio cliente (l’autore del libro) per ore e ore, fissando appuntamenti che possono essere condotti via Skype. Skype è un toccasana, facile, veloce, e possiamo guardarci in faccia ovunque viviamo. Io sto in un paesino delle Prealpi e non amo molto viaggiare… quindi viva Skype.

La preproduzione può andare avanti per settimane. Interviste, letture, libri di riferimento. Mi immergo nell’argomento… fino a quando sento un click nella mia coscienza. Ecco, quel segnale mi indica che è ora di scrivere. Mi prudono i polpastrelli, in un certo senso. Inizia la produzione.

Produzione

Ora ci siamo solo io e la tastiera del computer. Quel rumore… il ticchettio dei tasti sui cui le dita sgambettano come ballerine di can can. È il mio rumore preferito.

ghost writer

Dopo aver strutturato l’indice del libro, comincio a buttare giù la prima stesura. Scrivo tutti i giorni e mi fisso degli obiettivi di produzione, un numero medio di pagine da sfornare su base quotidiana.

Scrivendo focalizzo sempre meglio l’argomento, perché in fin dei conti scrivere è di per sé una forma estremamente sofisticata di riflessione, oltre che di scoperta continua di ciò che il libro stesso ha da dire. Una frase porta alla successiva e poco alla volta le pagine prendono forma. Un mese, due mesi… il tempo passa. Alla fine, la prima stesura è conclusa.

Post-produzione

Ma la prima stesura non è certamente la versione definitiva. Comincia la postproduzione, nella quale il testo viene riletto e rimontato e riscritto e corretto. Come amo ripetere, non esistono scrittori, esistono solo riscrittori. Gli altri sono dilettanti. Oppure geni. Ma io di geni ne ho conosciuti pochi, mentre dilettanti…

Alla fine consegno il manoscritto. A chi?

Alla casa editrice o direttamente al cliente. Se lavoro con una casa editrice di un certo livello, il mio manoscritto viene trasferito a questo punto a un editor, che di solito opera da un’agenzia esterna, pagata al preciso scopo di leggere analiticamente e se necessario ottimizzare il testo. E un testo può sempre essere migliorato. Il lavoro dell’editor non sarà mai abbastanza celebrato, perché, siamo sinceri, l’autore, immerso com’è nel processo di stesura, a un certo punto smarrisce la visione oggettiva. Può correggere il proprio testo, ma fino a un certo punto.

Alla fine il libro va in stampa. E sulla copertina c’è il nome di qualcun altro, il mio cliente. È lui/lei che autografa che le copie, che presenta il libro, che riceve i complimenti. Il ghostwriter è nell’ombra, essere ignoto ai lettori fa parte del suo lavoro.

Dispiace? Qualche volta. Ma la discrezione è parte del mio mestiere e il premio più grande è sentire il cliente che strabilia, che si riconosce nel libro, che dice: “Questo è il modo in cui lo avrei scritto io, come ci sei riuscito?” Il che, per mia fortuna, succede pressoché ogni volta.

Perché essere un ghostwriter significa anche usare una certa telepatia. Bisogna entrare nell’intelligenza specifica del cliente, vedere il mondo con i suoi occhi, provare le sue emozioni per poterle trasporre su carta facendo finta di essere lui. Un gioco di ruolo, in un certo senso.

Magari ne parliamo un’altra volta.

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4 risposte a "Confessione di un ghostwriter. Chi sono, che faccio e perché."

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  1. Ho trovato il suo blog dopo avere cercato “Il coraggio di scrivere”. In un mondo dove occorre nuotare in un mare di parole, il suo articolo rappresenta un salvagente. É un po’ come un eroe mascherato, chissà con quali altri libri lo avrà già fatto. Buon lavoro!

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    1. Ami, grazie infinite. In effetti nel mio lavoro sono in qualche modo mascherato, per così dire, ma difficilmente posso considerarmi un eroe, anche se qualche volta farebbe piacere pensarlo, se non altro quando si scrive qualcosa che emoziona i lettori. I quali poi si congratulano con i miei clienti. Sì, molto mascherato. Grazie!

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  2. perchè quasi tutti i ghostwriter che trovi sono donne? Ho bisogno di un ghostwriter del mio stesso genere, perchè voglio far narrare la mia storia senza che sorgano conflittualità interpretative, è possibile?

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    1. Forse un po’ perché la maggior parte delle lettrici sono donne? Perché per scrivere bisogna aprirsi alle proprie emozioni e per molti uomini è più difficile, quasi un tabù culturale? In ogni caso, sì è possibile. Ho scritto per gente tosta, per uomini tosti. E ho scritto per svariate donne. Di solito toste anche loro.

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